Vorremmo tutti la proverbiale “tecnica perfetta“.
Alcuni allenatori dicono addirittura “la PROPRIA tecnica perfetta” – per sottolineare che “perfetto” è relativo al singolo atleta. Ma come la otteniamo?
Coaching “tradizionale” ed i suoi problemi
Di solito, pensiamo alla tecnica in questo modo:
- Gli allenatori avranno un modello di come appare la tecnica perfetta nella loro mente;
- Quindi, la prestazione di un atleta viene confrontata con questo ideale e vengono segnalate alcune deviazioni per la correzione.
È così che, adesso, sappiamo che il ginocchio valgo non va bene ed è pericoloso nello Squat, che piegare un po’ i gomiti nei Pullup non è valido e schienare lo stacco è estremamente pericoloso sul lungo periodo.
Una serie di problemi, però, deriva dal modello stesso. Il modello è dettagliato o generale?
Se disponi di un modello finemente dettagliato, l’allenatore può apportare correzioni dettagliate per ogni atleta, ma queste correzioni non sono personalizzate e sappiamo quanto possa essere importante.
Chiunque oltre al più inesperto degli allenatori avrà visto diversi atleti costituiti in modo diverso, uno dall’altro.
La struttura ossea non può esser vista materialmente ma fa una grande differenza nel modo in cui gli atleti si muovono biomeccanicamente, inoltre ci sono molte altre considerazioni con conseguenze altrettanto significative.
Un’alternativa sarebbe avere in mente soltanto un modello generale. Un modello generale coprirebbe solo i punti tecnici che non sono negoziabili. Ciò consente una maggiore variazione a causa delle differenze individuali, ma manca della capacità di fornirci un feedback dettagliato da parte dell’atleta. Vale a dire, può dirci se le cose sono davvero sbagliate, ma non molto di più.
Un altro problema con il modello generale è il modo con cui vengono apportate le correzioni. Spesso vengono offerti spunti all’atleta. “Ginocchia in fuori”, “Petto in su”, “FIANCHI!”
Tutte queste frasi si possono sentire gridare dagli allenatori di Powerlifting in tutto il mondo. Ma offrire questi suggerimenti all’atleta su base continua non è ottimale.
In un contesto competitivo, l’atleta potrebbe non essere in grado di sentire o potrebbe essere troppo distratto per ascoltare le urla dell’allenatore.
Ciò non significa che l’allenatore non debba gridare e magari in un contesto online, gli allenatori non sono in grado di fornire quel suggerimento sul momento di cui l’atleta ha bisogno per eseguire bene l’esercizio.
È molto meglio se un atleta può sentire come percepisce il movimento corretto. Il feedback percettivo che crea fornisce all’ atleta i punti ideali su cui concentrarsi durante una competizione quando i nervi possono aumentare.
L’obiettivo della tecnica deve essere che l’atleta impari a muoversi correttamente, quindi se ti ritrovi a gridare sempre lo stesso segnale, forse il tuo metodo non funziona così bene.
Un modo diverso di pensare alla tecnica
Durante un podcast che ho ascoltato di Mike Tuchscherer e Megan Bryaton, hanno discusso proprio di questo argomento (modelli generali e dettagliati).
La risposta di Megan è stata quella che ho pensato fosse un modo molto intelligente per affrontare il problema. Ha detto che inizia con il modello generale, quindi lo individualizza osservando come cambia la tecnica (cioè si interrompe) man mano che l’atleta passa da carichi più leggeri a carichi più pesanti.
È un modo molto ingegnoso per affrontare il problema con i modelli in modo pratico.
Adesso vorrei tentare di costruire su quel concetto. Per farlo, prenderò in prestito un linguaggio da Frans Bosch. Il lavoro di Bosch è molto interessante, e non posso essere certo di averlo capito completamente.
Potrei abusare leggermente di alcuni termini, ma in ogni caso, farò del mio meglio per definire di cosa sto parlando.
Bosch classifica la tecnica in termini di attrattori e fluttuatori. Gli attrattori sono quelle parti non negoziabili della tua tecnica.
Cose come la profondità dello squat, tenere i glutei attaccati alla panca, ecc. Sono ovvi attrattori poiché violarli annullerà il sollevamento in competizione.
Gli attrattori possono anche essere posizionati intorno ai punti di infortunio comuni, quindi probabilmente si potrebbe decidere che schienare nello squat non va bene. Lo stesso si può dire per una profondità eccessiva nei dip alle parallele.
Gli attrattori definiscono i requisiti minimi. Cosa lo rende uno squat e non un affondo? È ancora uno squat se la mia posizione è più ampia o più stretta? Se sì, allora NON è un attrattore!
Non vogliamo posizionare più attrattori del necessario perché vogliamo consentire alle differenze individuali di un atleta di riempire il resto degli spazi. Questi punti tecnici sono chiamati fluttuatori.
Come suggerisce il nome, i fluttuatori sono quei punti tecnici che cambiano. Possono certamente essere diversi da un atleta all’altro, ma possono anche cambiare per un atleta nel tempo.
Ad esempio, pensa all’atleta che guadagna peso corporeo solo per scoprire che la sua nuova taglia gli cambia completamente i feedback. Ci sono molte ragioni per cui la tecnica può cambiare e non tutte queste ragioni sono immediatamente ovvie.
Tornando al Podcast, il modello generale definisce gli attrattori per poi inserire i fluttuatori di ogni atleta, osservando come si muovono con un’ampia varietà di carichi.
Gli stessi atleti, man mano che migliorano, noteranno punti tecnici importanti, ma anche non realmente visibili agli osservatori esterni ed anche questi possono cambiare nel tempo.
Gli atleti devono avere la libertà di esplorare queste variazioni tecniche. Inoltre, l’ambiente formativo dovrebbe essere organizzato in modo tale da promuovere questo tipo di sperimentazione e apprendimento.
Tecnica individualizzata ed auto-organizzata
Mi impegno a non esagerare con i miei atleti. In effetti, di solito offro solo un input tecnico esplicito se stanno violando uno degli attrattori. Perché?
Perché voglio che si auto-organizzino i loro movimenti. Ma questo non significa che non stia prestando attenzione alla tecnica.
Se controllo la tecnica del mio atleta dall’alto verso il basso, dove non è autorizzato a sperimentare diverse posizioni del bilanciere, angoli, prese, ecc., allora anche tutta la sperimentazione deve essere controllata.
Non credo che nessun sistema possa controllare queste variabili così come il cervello dello stesso atleta. L’intelligenza nel movimento dell’atleta può essere la luce guida, da loro l’intuizione su ciò che “sentirà meglio” o produrrà più forza.
Quindi, se l’intelligenza nel movimento di un atleta è il modo ideale per produrre queste piccole variazioni, voglio mettere l’atleta in situazioni in cui quegli esperimenti hanno un impatto e dove i risultati sono rapidi e chiari.
Se un atleta ha problemi con il sollevamento dell’anca / good morning fault preferirei affrontarlo in più modi. Un modo potrebbe essere quello di lavorare i muscoli che producono una coppia di forza insufficiente per causare quel problema tecnico.
Da un punto di vista tecnico, voglio inserire particolari esercizi di squat che insegnino loro a non commettere questo errore.
Questi esercizi ricompenserebbero il movimento corretto rendendo più facile il sollevamento, consentendo all’atleta di usare più peso.
Potrebbe punire però anche il movimento scorretto essendo più difficile o impossibile, richiedendo all’atleta di usare meno peso.
Nell’esempio del good morning fault, un Front Squat potrebbe essere un utile strumento di insegnamento perché qualsiasi schema di sollevamento d’anca farà sì che l’atleta butti a terra il bilanciere (feedback immediato).
Pin Squat, Safety Bar Squat e High Bar Squat sono alcuni dei miei preferiti.
Le conseguenze sono meno evidenti, ma comunque sufficienti. Muoversi correttamente consentirà all’atleta di aggiungere più carico. Muoversi in modo errato renderà l’esercizio più difficile di quanto debba essere. Ma l’idea è sempre che l’atleta riceva un feedback immediato e chiaro dal movimento stesso.
Questo feedback immediato consente all’atleta di imparare da solo come settarsi e se i cambiamenti sottili di posizionamento hanno un impatto positivo.
Inoltre, consente loro di “sentire”, che è il tipo di conoscenza tacita di cui un atleta ha bisogno. È molto più importante che l’atleta sia in grado di spiegarlo, ma non è in grado di eseguirlo correttamente.
Il terzo punto di questo approccio consiste nell’integrare i modelli appresi nel movimento di competizione stesso. Questo può essere fatto anche con una quantità minima di coaching verbale a condizione che ci sia spazio nel programma in cui l’atleta può sperimentare.
Naturalmente, l’atleta deve comprendere il problema e la strategia utilizzata come correzione in modo che i suoi sforzi siano direttamente corretti.
Una volta che hanno appreso come ci si sente, trasferirlo di nuovo all’esercizio di gara può richiedere un po’ di pratica, ma di solito avviene rapidamente e senza troppi sforzi.
Se pensi che questo sia noioso, non hai capito proprio nulla. Molta cura deve essere posta nella selezione degli esercizi adeguati che, per loro natura, insegnano all’atleta il movimento corretto che può poi essere reintegrato nella alzata di gara.
Direi che, dal punto di vista dello sforzo, è più o meno equivalente ai metodi verbali. Ma lo sforzo si concentra sul far sì che l’atleta senta il movimento corretto e lo integri negli esercizi competitivi.
Questo non vuol dire che non dovrebbe esserci alcuna comunicazione verbale.. un buon allenatore comunicherà l’intento dell’esercizio, ma dovrebbe essere cauto che il messaggio che l’atleta sente sia lo stesso di quello inteso dall’allenatore.
Non lasciarli cadere troppo nella trappola: “il lavoro tecnico deve essere leggero e sempre perfetto”.
Il lavoro tecnico utile è PESANTE ed IMPEGNATIVO.
Sommario
Consentire agli atleti di sperimentare e auto-selezionare le sfumature della loro tecnica migliora la loro intelligenza al movimento e li assiste nella risoluzione dei problemi. Questo è normale, ma può essere migliorato tramite il programma e l’ambiente con cui viene a contatto. La tecnica di auto-organizzazione fornisce loro un livello dettagliato nella comprensione tecnica che non può essere adeguatamente comunicato in alcun modo. I segnali a volte possono essere utili, ma è meglio comprendere a fondo il movimento e le strategie per eseguirlo al meglio.
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